Dopo aver recensito il libro “La tentazione” di Fabrizio Peronaci, questa volta abbiamo deciso di dargli voce direttamente con un’intervista dove ci racconta interessanti aspetti del suo lavoro.
Domande di Tatiana Coquio:
Come ti sei avvicinato al Giornalismo Investigativo?
“Il giornalismo investigativo mi e’ parso il modo migliore per coniugare da un lato il mio interesse per la società in cui viviamo e la contemporaneità e dall’altro la passione per un giornalismo più serio e impegnato rispetto al modello dominante. Una parola che odio ma che mi capita spesso di sentire in redazione e’ l’aggettivo ‘carino’. Una notizia carina, un’intervista carina, un articolo carino… No, non ci siamo! Credo che i lettori preferiscano le notizie interessanti, o coinvolgenti, o inedite, oppure censurate dal potere. Nelle mie numerose inchieste, spesso nate da fonti riservate, cerco di seguire sempre gli sviluppi. E non di rado si verificano effetti concreti. La mia soddisfazione maggiore e’ consentire alla gente che non ha voce di risolvere qualche problema oppure di sconfiggere ingiustizie e soprusi”.
Come scegli le tematiche per i suoi libri e come le sviluppi?
“La scelta dell’argomento dipende innanzitutto dalle emozioni che mi trasmette una determinata storia. Al primo punto c’è l’aspetto umano, vale a dire la possibilità di raccontare attraverso una lunga narrazione situazioni e stati d’animo che possano riguardare tutti e abbiano quindi una forte valenza emblematica. Considerato il mio ruolo di capo della ‘nera’ al corriere della sera, mi trovo a seguire da oltre vent’anni per lo più avvenimenti tragici, ma ciò non credo debba spaventare: il dolore è una condizione umana ineluttabile, dovrebbero far più paura l’egoismo e l’opportunismo. Cio’ di cui avverto l’assenza e’ lo spirito di fraternità, di condivisione. E nel mio piccolo cerco di colmare questo vuoto”.
Una domanda personale. Molti dei tuoi libri riguardano tematiche legate alla Chiesa e al Vaticano, e spesso fede e verità percorrono strade diverse. Quindi vorremmo sapere quale é il tuo rapporto con la religione e cosa ti interessa di più dell’istituzione “Chiesa”.
“E’ vero, negli ultimi tempi la mia attenzione dai grandi gialli e fatti di cronaca si è spostata su un filone di indagine molto particolare. Mio proposito e’ illuminare quel cono d’ombra che riguarda i rapporti tra la vita pratica delle persone e la dimensione di fede, spesso disillusa da comportamenti devianti all’interno delle istituzioni religiose. I tanti fatti brutti che emergono dalla cronaca di ogni giorno mi hanno indotto a studiare più a fondo le dinamiche sottese, che sono sociali, politiche, culturali. Mi riferisco in particolare al caso di Emanuela Orlandi, al quale ho dedicato due libri, il primo a quattro mani con il fratello Pietro, ma anche a lavori più recenti, come “La tentazione”, che mette a nudo passioni e scandalose omissioni tra uomini e donne di chiesa. Il delicato crinale tra sacro e profano, tra moti della carne e desiderio di spiritualità, mi pare degno di essere approfondito anche perché va incontro alle aspettative di rinnovamento alimentate da Papa Francesco”.
Domande di Silvia Azzaroli:
Parlaci del tuo ultimo libro, “La Tentazione”, appunto. Sappiamo che hai avuto qualche problema di censura, ma nel contempo pare avere un buon riscontro tra i lettori.
“Il libro, che definirei un romanzo-verità in cui la realtà supera davvero ogni immaginazione, si basa su fatti veri e contiene un dossier segreto tuttora all’esame del Papa. Il racconto si apre con lo scandalo gay emerso alcuni anni fa tra i carmelitani, vicenda della quale sì è occupato personalmente il pontefice, e prosegue dando spazio alla storia d’amore tra una professoressa di lettere e un alto prelato, che fu padre provinciale a Roma negli anni settanta. Questa relazione, dalla quale nacquero due figli, e’ stata sempre tenuta nascosta e ci offre l’occasione di riflettere sul grande tema del celibato ecclesiastico, che è a mio avviso la fonte primaria di molti guai per la chiesa, dagli scandali di natura sessuale al forte calo di vocazioni registrato ormai da tempo. Consentire il matrimonio ai religiosi rappresenterebbe un indubbio segnale di svolta e non escludo che Bergoglio, in tempi rapidi, possa regalarci qualche sorpresa al riguardo”.
Cosa pensi di questo Papa? Credi che voglia sul serio cambiare le cose e che sia ostacolato da poteri interni?
“Specie nella fase iniziale del pontificato, Francesco ha fatto delle affermazioni rivoluzionarie, sia in tema di etica e diritti civili, sia in materia sociale. Mi viene in mente la sua dolente empatia per i migranti o la sua bellissima domanda retorica ‘Chi sono io per giudicare?’ Alla prova dei fatti, però, ha trovato ostacoli e non ha dato l’impressione di voler andare fino in fondo. Lo scandalo a luci rosse di Villa Borghese da me raccontato ne ‘La tentazione’, ad esempio, e’ stato allegramente ignorato degli organi vaticani competenti: il processo non è mai iniziato e nessuno si è pronunciato sui rischi di diffusione dell’Aids corsi sia dai confratelli del reo sia dai fedeli della parrocchia di Santa Teresa, a Roma”.
Domande di Simona Ingrassia:
C’è mai stato un evento in particolare che ti ha fatto pensare “No, questo è troppo non me la sento di scriverci sopra qualcosa?” E se si’, quale?
“Confrontarsi con la propria coscienza ritengo sia un dovere quotidiano per ogni giornalista. In particolare chi, come me, si occupa di cronaca nera, deve sempre essere consapevole che la diffusione di notizie private può provocare conseguenze gravi e spesso irreparabili. In linea generale, sono dell’idea che l’informazione non debba incontrare limiti, in quanto rappresenta uno dei pilastri di una democrazia compiuta. Vi sono però vicende che richiedono un surplus di attenzione. Penso in particolare ai bambini abusati e alla micidiale invadenza delle moderne tecniche di comunicazione: la tragedia di Tiziana Cantone, suicida per i video privati pubblicati sul web, rappresenta un monito terribile”.
Succede un fatto grave, di solito un omicidio a carico di minori, e subito assistiamo alla ricerca spasmodica di informazioni, spesso in maniera morbosa e senza rispetto del dolore delle famiglie, e sovente si presenta il colpevole, o presunto tale, alla stregua di una rockstar. Da giornalista di cronaca come vivi tutto questo?
“Con orrore. La ricerca dell’effetto immediato sta prendendo il sopravvento sull’approfondimento e la spiegazione delle ragioni recondite di un fatto. Proprio per questo ho istituito un gruppo di giornalismo investigativo su Facebook, che in poco più di un anno, grazie alla partecipazione di migliaia di appassionati e alla consulenza di criminologi, scrittori, giallisti, medici legali e sociologi, è diventato un punto di riferimento non solo per i familiari delle vittime, ma anche per i tanti italiani stanchi delle trame che ancora impediscono verità e giustizia su numerose pagine della nostra storia recente”.